oto: Laura Lia Loiodice, nome di battaglia Nadia. Luglio 1944.

Senza Tregua. Storie di opposizione e antifascismo

Sorvegliatə, pedinatə, spiatə. Hanno perso il lavoro per le loro idee. Sono statə vessatə, processatə, confinatə. Sono evasə, sono espatriatə clandestinamente. Sono statə internatə o deportatə. Hanno rischiato per le loro idee. Hanno scelto di combattere per la libertà. Hanno disertato. Sono statə uccisə dai plotoni di esecuzione nazifascisti. Hanno scritto lettere dal carcere. Hanno sofferto e amato, pianto e sorriso ma con l’idea di non dare tregua al fascismo.

Con l’aiuto di storiche e storici, appassionate e appassionati di tutta Italia, raccontiamo le storie meno note dell’opposizione al fascismo e della Resistenza italiana.

Aiutateci ad essere rete, continuando questo percorso nella memoria insieme. Se avete un volto e una storia a cui tenete, una racconto familiare da condividere. Mandateci il vostro contributo a

>>> bellasto.narrazioni@gmail.com con l’oggetto: Senza Tregua – storie di opposizione e antifascismo

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– un abstract di massimo 10 righe
– una foto della o del protagonista
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La memoria è un ingranaggio collettivo

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Mario Depangher

Il Battaglione Mario

di Matteo Petracci

Mario Depangher nasce a Koper nel 1896, in una famiglia di pescatori. In giovane età si trasferisce a Muggia (Ts) e si iscrive alla gioventù socialista.

Nel 1914 prende parte a manifestazioni pacifiste successive all’attentato di Sarajevo e diserta la chiamata alla leva nell’esercito austroungarico. Al termine del conflitto subisce le violenze squadriste e si iscrive al Pcdi. Schedato dalla polizia insieme a sette dei suoi nove fratelli, viene arrestato più volte e nel 1928 è inviato al confino (Lipari), da dove fugge in seguito a una licenza straordinaria.

Raggiunge l’Austria, poi Parigi e Mosca. Di nuovo a Parigi, decide di impegnarsi nella lotta clandestina – nome di battaglia “Sterlin” – ed entra più volte in Italia sotto falso nome (Capsoni Edoardo, Robbiani Carlo). Arrestato a Reggio Emilia nel 1931, viene condannato al carcere dal Tribunale speciale e poi al confino (Ponza, Ventotene). Nel 1940 viene internato a San Severino Marche insieme alla moglie Lina Sabaz.

Dopo l’8 settembre 1943, organizza una formazione partigiana che prenderà il suo nome: il Battaglione Mario. La formazione ha un forte carattere internazionale, in conseguenza della massiccia presenza in quel territorio di campi di prigionia e internamento. Con lui combattono donne e uomini italiani, jugoslavi, sovietici, britannici, ebrei, somali, etiopi, polacchi, francesi e anche un austriaco disertore della Wehrmacht.

Dopo la liberazione del territorio e nominato sindaco di San Severino Marche. Successivamente rientra a Muggia e torna a fare il pescatore. Sorvegliato dalla polizia fino alla fine degli anni ’50, muore a Muggia nel 1965.

FONTE: https://www.pacinieditore.it/prodotto/partigiani-oltremare/

Valerio Fiorentini

Un caduto comunista delle Fosse Ardeatine

di Aldo Benassi

Nato a Roma il 3 ottobre 1918, Valerio Fiorentini era un semplice meccanico che, dopo l’8 settembre, divenne capo dell’organizzazione militare del Pci dell’VIII Zona e comandante dei Gap di Tor Pignattara.

Fu arrestato il 13 marzo 1944 su delazione di una spia, insieme ai suoi compagni Paolo Angelini e Carlo Camisotti, nei pressi di piazza Indipendenza.

A tre giorni dall’arresto venne trasferito dal carcere di Regina Coeli a quello di via Tasso, luogo di tortura e di morte. Fu giustiziato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.

Il 26 aprile 1950, la commissione laziale per l’accertamento delle qualifiche da partigiano, riconobbe a Fiorentini la medaglia d’argento, perché per quella d’oro “va riconosciuta a colui che ha compiuto uno specifico atto di coraggio e il cui risultato ha portato a successi straordinari.

Ma al di là dei riconoscimenti postumi, Valerio Fiorentini è un nome, un volto e un corpo della Resistenza all’occupazione nazifascista di Roma.

Aldo Benassi

Fonti:

Acs, Ufficio Ricompense Partigiane, Lazio, b.44 bis, f.317 Fiorentini Valerio p. caduto;
Archivio Anfim, fascicolo personale di Valerio Fiorentini; 

A. Santilli e R. Sansone (a cura di), VIII Zona. Pratiche di Resistenza e reti clandestine a Roma, edizioni ANPPIA, Roma 2024.

Mariani Valrigo

Un lattaio antifascista

di Eugenio Iafrate

Nato a Roma il 14 luglio 1907, assassinato il 1 settembre 1944 nel Castello di Hartheim (Linz), sotto-campo del Lager di Mautausen.

Esercente nel quartiere San Lorenzo. Viene inserito nel Casellario Politico Centrale nel 1936 perché «è un fervente comunista che in passato, essendo sconosciuto alla Polizia, ha avuto incarichi di fiducia specie per far circolare fra i compagni di fede, materiale di propaganda comunista. Egli è titolare di un esercizio di latteria, dove spesso si davano convegno i noti Calisti e Mazzocchi e qualche altro. […] i predetti sono stati sorpresi a confabulare nel suindicato esercizio pubblico, che è stato, pertanto, chiuso a tempo indeterminato».

Nel gennaio del 1937 notato al funerale religioso di Calisti, è inserito nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze.

Nel luglio 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia è internato nel Campo di Concentramento di Manfredonia e poi nel 1942 trasferito a Grotte di Castro in provincia di Viterbo. Il 4 settembre 1943, ridotto alla fame e dimenticato dal nuovo governo di Badoglio, fugge e torna a Roma.

Arrestato di nuovo il 19 dicembre 1943 dall’Ufficio Politico della Questura di Roma. Deportato il 4 gennaio 1944 assieme ad altri 326 oppositori dal Carcere di Regina Coeli nella prima deportazione politica dall’Italia.

Immatricolato il 13 gennaio 1944 con Triangolo Rosso n.42136 al KZ Mauthausen.
Gasato nel Castello di Hartheim perché non più abile al lavoro, Aktion 14f13.

Fonti:

Archivio Mariani;

Archivio Centrale dello Stato, CPC (Casellario Politico Centrale);

ITS Bad Arolsen;

Archivio Museo della Liberazione via Tasso;

E.Iafrate, Elementi Indesiderabili, Prefazione a cura di Elisa Guida, Edizioni Chillemi, Roma 2015.

www.deportati4gennaio1944.it

IL PREZZO DELLA LIBERTÀ.

Angelo Cova, un professore antifascista

di Rolando Magliola

Angelo Cova nasce a Guazzora (AL) il 1 gennaio 1892. Fin da bambino manifesta un vivo interesse per lo studio e la lettura che la famiglia, di origine contadina, è restìa ad assecondare. Arruolato in fanteria nel settembre 1912, trascorre sette anni sotto le armi, prima in Libia e poi sul fronte orientale italiano, cadendo prigioniero degli austro-tedeschi nel novembre 1917 a seguito dello sfondamento di Caporetto. La permanenza nell’esercito gli consente però di proseguire gli studi e – grazie anche all’aiuto del parroco di Guazzora don Franzosi e di padre Giovanni Semeria – di conseguire, nell’ottobre 1920, la licenza liceale. Si iscrive quindi all’università a Pavia e poi a Torino: il 25 giugno 1926 si laurea in Lettere.
Simpatizzante del partito repubblicano, si unisce al movimento di ex-combattenti democratici “Italia Libera”; collabora con l’opposizione antifascista scrivendo articoli per la stampa estera, suscitando l’attenzione dell’apparato repressivo del regime: nel 1932 viene arrestato e sottoposto a sorveglianza. Lo stesso anno trova impiego a Biella come supplente. Dal matrimonio con Luigia Midolli nascono Giovanna (1934), Vittoria (1935) e Francesco (1942).
Dopo l’8 settembre 1943 allaccia contatti con il nascente movimento partigiano biellese, impegnandosi con altri antifascisti a recuperare armi e rifornimenti. La famiglia Cova offre anche rifugio ad un giovane ragazzo ebreo, Giulio Jona, figlio di un noto avvocato biellese. Il 7 dicembre 1943 Angelo Cova è arrestato in casa sua insieme a tre compagni dalle SS italiane del presidio Sipo-SD di Torino. Due mesi dopo è deportato a Mauthausen, nel sottocampo di Gusen II. Nonostante le disumane condizioni di vita, Angelo non si perde d’animo, dimostrandosi un punto di riferimento per altri deportati, che da lui ricevono parole di conforto e di incoraggiamento a resistere.
Dopo la liberazione del campo, Angelo – gravemente debilitato dalla TBC – è rimpatriato in Italia ai primi di luglio del 1945. Trasferito da Bergamo all’ospedale di Biella, vi muore il 16 luglio 1945.

Fonte:

Si tratta di una ricerca – attualmente ancora in corso – che nel 2018, in occasione della Giornata della Memoria, ha raggiunto un primo traguardo con la mostra “Il Prezzo della Libertà. Angelo Cova, un professore antifascista” e l’omonimo docufilm prodotto dalla Casa della Resistenza di Sala Biellese. 

Giovanni Domaschi 

Il re delle evasioni

di Anthony Santilli

Dal piccolo scoglio di Ventotene, al largo delle coste laziali, usciva clandestinamente un appello nonostante i rigidi controlli ancora in piedi in quella prigione a cielo aperto. Una frase in quel foglio diceva:

“…La Libertà che non vi si vuole dare, va strappata, Perciò proprio coloro che questo vi hanno sempre insegnato, vengono mantenuti nelle prigioni politiche…”

Lo aveva scritto un operaio anarchico veronese, Giovanni Domaschi qualche giorno dopo il 25 luglio del 1943. Dopo l’arresto del Duce, che tanta speranza aveva ridato alle centinaia di donne e uomini che su quell’isola stavano scontando anni di reclusione per mano di una tra le più cruente armi repressive del regime fascista, quella del confino di polizia.

Dopo quel fatidico 25 aprile era cominciata la “liberazione” di tutti gli oppositori politici: gellisti, socialisti, comunisti, anar…. NO. Gli anarchici no. Perché gli anarchici, per il “nuovo” governo post Mussolini nono erano come gli altri. Erano piuttosto “Antifascisti non conformi”. Giovanni Domaschi era uno di loro, tra i più conosciuti, una legenda: il “re delle evasioni”.

Nei quasi 17 anni di prigionia in giro per le carceri e le isole di mezza Italia (Piacenza, Regina Coeli, Favignana, Lipari, Ponza, Ventotene) ne tenta tante e molte hanno esito positivo.

Antifascista della prima ora, come molti delle centinaia di anarchici che si trovavano a Ventotene anziché liberato viene deportato nel campo di internamento d Renicci d’Anghiari; ma di nuovo riesce a fuggire dopo l’8 settembre del ’43 per dedicarsi completamente alle Resistenza fino alla nuova cattura dell’intero CLN ed alla deportazione in Germania nell’estate del 1944; morirà a Dachau nel febbraio dell’anno dopo. Non vedrà mai la Liberazione, ma le parole di quel suo appello scritto da Ventotene, rimangono scolpite nella nostra memoria:

“…Italiani, la Libertà è il vostro patrimonio, la vostra salvezza. Non possedendola non possedete nulla. …E finché tutti non l’avranno, nessuno l’avrà.
Ricordatevi che non guiderete mai il vostro destino finché non sarete liberi, finché vi sarà uno schiavo tra di voi…a voi la risposta”

Fonte:

Database dei confinati sull’isola di Ventotene

RADIO BARI

Le voci della Liberazione

di Annabella De Robertis

All’indomani dell’armistizio le strutture radiofoniche della sede Eiar di Bari, fondata nel 1932, furono miracolosamente salvate dal tentativo di distruzione messo in atto dai soldati tedeschi in ritirata.

Un gruppo di antifascisti baresi rimise in sesto la stazione con la collaborazione di alcuni tecnici: Radio Bari fu una delle prime emittenti radiofoniche dell’Italia libera, diede voce ai partiti che dopo vent’anni di dittatura si andavano ricostituendo in quei mesi e sostenne la lotta armata in atto nel Centro-Nord e nell’area balcanica diffondendo messaggi in codice e informazioni strategiche.

Il programma Italia Combatte divenne «il più stretto collegamento tra gli Italiani delle regioni libere e quelli che attendono di essere liberati».

Tra i protagonisti di questa fase – durata fino al marzo 1944, quando parte della redazione, con le sue rubriche, si spostò a Napoli e poi a Roma – vi furono i pugliesi Michele Cifarelli, Giuseppe Bartolo, Michele D’Erasmo, Beniamino D’Amato, sostenuti con forza dal Maggiore Ian Greenlees del Pwb britannico.

Insieme a loro anche Giorgio Spini, Alba de Céspedes, Gabriele Baldini, Franco Callari, Arnoldo Foà, Esule Sella e altri autori, annunciatori, giornalisti, attori provenienti dall’intera penisola, che con coraggio oltrepassarono le linee del fronte nel settembre 1943 per contribuire, non con le armi, ma con la propria voce alla Liberazione del Paese e alla ricostruzione della democrazia.

Fonti:

Foto: Aldo Scaturchio e Rosa di Napoli ai microfoni di Radio Bari (Imperial War Museum, Londra)

Archivio dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Fondo Ipsaic, b. 7 “Radio Bari”
https://ipsaic.it/archivio/

Vito Antonio Leuzzi e Lucia Schinzano, Radio Bari nella Resistenza italiana, Edizioni dal Sud, Bari 2005
Piero Cavallari, Antonella Fischetti, L’Italia combatte. La voce della Resistenza da Radio Bari, Odradek, Roma 2020